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"Cogliere i segnali di novità e mutamento per far crescere la squadra Confesercenti"
La Confesercenti nella annuale Convention che si è tenuta a Venezia ha riflettuto su stessa e su come affrontare le sfide della crisi e del cambiamento. Per le Pmi l'anno che si sta concludendo è stato ancora un periodo di grandi difficoltà dovute alla interminabile crisi ed il 2013 si annuncia non meno impegnativo sia sul piano politico che economico.
Il Gruppo dirigente di Confesercenti è stato chiamato ad esaminare gli scenari della lunga recessione con profondi mutamenti in atto ed a valutare le strategie migliori e le proposte da avanzare per essere protagonisti in una fase tanto complessa della vita del Paese.
Stamattina l'intervento del Vice Direttore Generale, Mauro Bussoni.
I lavori si sono conclusi con la relazione del Presidente della Confesercenti, Marco Venturi.
Nella giornata di ieri, la relazione di apertura della Convention del Direttore Generale, Giuseppe Capanna.
Intervento conclusivo dei lavori del Presidente Confesercenti, Marco Venturi
"Le relazioni del direttore e del vice direttore, i vostri interventi che si sono succeduti durante i nostri lavori, confermano i profondi cambiamenti del nostro Paese che si collocano all'interno del maremoto che ha rimescolato primati, poteri, culture, religioni, nonché economie e tecnologie.
In questa tempesta - ha affermato il presidente della Confesercenti, Marco Venturi, durante il suo intervento conclusivo dei lavori della convention - sopravvive chi sa cambiare, chi riesce ad anticipare, chi ha nuove idee, chi sa fare squadra e chi alza il tiro sulla qualità e sull'innovazione.
Quel mondo immobile, legato al ‘900, non c'è più e noi dobbiamo adeguarci, anzi dobbiamo dimostrare di saperlo anticipare, perché, ormai, vince chi sa cogliere e interpretare i primi segnali di novità e che sa riposizionarsi sia sulla rappresentanza sia sui servizi utili alle imprese.
La crisi ha decimato le imprese tanto che il saldo negativo relativo agli ultimi anni è di quasi 100.000, nonostante le nuove aperture.Occorre una profonda svolta di politica economica e per questo è essenziale il ruolo delle Associazioni delle imprese e più in generale delle forze sociali.In questo contesto "autonomia" deve essere il nostro motto. Soprattutto autonomia culturale, che ci consenta confronti a tutto campo, portando le nostre idee, i bisogni delle nostre imprese, le strategie autonome della nostra confederazione.
E' necessario saper reagire, saper cogliere l'opportunità offerta da questa convention, che apre una nuova fase della vita della nostra confederazione, che può avere successo solo se sapremo fare squadra. Ecco perché Confesercenti deve essere una squadra aperta, che sa ragionare, si sa aggiornare e che mette in prima fila la sua missione, che è quella di aprire nuovi orizzonti per le imprese.Una di queste prospettive, è stato detto, è quella di Rete Imprese Italia. Un'aggregazione delle maggiori confederazioni delle PMI che è stata fortemente voluta da noi, che ci consente di incidere veramente sulle scelte dei governi, che ci fa stare in quel tavolo ristretto dove si decidono realmente le cose da fare.Ovviamente, con un governo di tecnici, come quello in carica, le difficoltà di relazioni sono maggiori, ma proprio in virtù di Rete I.I. abbiamo ottenuto importanti risultati, sia sulla riforma del lavoro, sia sulla produttività. Con Rete I.I. abbiamo portato le PMI in prima fila e questo ci induce a spingere in avanti il progetto di maggiore integrazione tra le nostre Confederazioni.
Solo questo ci può consentire di mettere in campo "battaglie campali" come la riforma fiscale, con l'intento di semplificare gli adempimenti e di ridurre la pressione fiscale.In tempi di grande incertezza sul futuro dobbiamo diventare sempre più una Confederazione che avanza proposte, che guarda anche al futuro, senza dimenticare il presente, che sa affrontare tutti quei problemi che, pur esterni allo spazio in cui operano le nostre imprese, incidono significativamente sul loro andamento presente e futuro.
Penso ai numerosi disastri ambientali che si stanno moltiplicando: alluvioni, terremoti, frane. Puglia, Emilia, Toscana, Liguria, Abruzzo, per citare gli ultimi eventi.Il costo economico è enorme e quello sociale non è da meno.
Le imprese, le nostre imprese, subiscono danni diretti e danni indiretti che si protraggono nel tempo. Tra i nostri compiti deve esserci anche quello di rivendicare, a tutti i livelli istituzionali, adeguati interventi per sostenere le direttamente o indirettamente colpite da questi drammatici eventi.
Qui, per esempio, c'è lo spazio per un intervento forte di Rete Imprese Italia, e noi dobbiamo essere incalzanti, per assicurare alle imprese colpite, quei sostegni e quelle semplificazioni che sono indispensabili per un ritorno alla normalità.
A questo si aggiungono altri importanti impegni, come la preparazione delle nostre assemblee elettive del prossimo anno. Questo presuppone un intenso lavoro preparatorio, che deve partire dalle relazioni, qui presentate, del Direttore e del Vice Direttore. Quello che conta è la convinzione di non trovarci difronte ad una semplice ed ordinaria scadenza ma che dobbiamo definire un programma efficace ed avanzato, sia sul piano organizzativo, sia su quello politico-associativo. Gli spunti non mancano, anzi abbondano, e noi dobbiamo avviare iniziative regionali in tutto il territorio nazionale, già nella prima parte dell'anno, coinvolgendo il maggior numero possibile di imprenditori.
Presenteremo un nostro documento e su quello ci confronteremo con autorevoli rappresentanti politici, istituzionali, con candidati alle prossime elezioni.
L'Assemblea infine diventerà l'occasione per allargare l'orizzonte del confronto: per rilanciare la crescita e per favorire gli investimenti, per rendere più competitivo il sistema Paese facendo leva sulle imprese, per creare nuovo lavoro abbattendo i costi e favorendo il lavoro autonomo, per varare una incisiva riforma fiscale.
La partita fiscale continua a rappresentare un fattore conflittuale tra i partiti ed all'interno delle istituzioni, tanto che la delega, dopo un'iniziale convergenza, è stata rinviata in commissione.
Il nostro auspicio è che, come chiesto da Rete I.I., vengano salvaguardate la tassazione separata (reddito dell'impresa da quello dell'imprenditore), la razionalizzazione dei regimi fiscali e degli adempimenti, la correzione della riscossione coattiva, la lotta all'abusivismo ed alla contraffazione come fonte del malaffare e di sostegno alla criminalità.
C'è, inoltre, l'urgenza di creare più sicurezza a beneficio dei cittadini e delle imprese, assediate dalla criminalità organizzata che, ormai, ha sconfinato e si è insediata anche nelle regioni del centro-nord: sconfinamento favorito dalla corruzione amministrativa e politica che ne ha consentito l'inserimento negli appalti pubblici.
Questo clima di corruzione e di illegalità ha incentivato l'espansione della criminalità che è ormai diventato un fattore destabilizzante dei nostri centri urbani, dove delinquono con arroganza e violenza, nonostante l'azione repressiva e di controllo delle forze dell'ordine. Criminalità diffusa e criminalità organizzata colpiscono duramente tutte le PMI, a partire dal commercio, prima vittima del racket, ma anche dell'usura. Noi non dobbiamo allentare la nostra azione di tutela del settore e dobbiamo insistere sulla centralità del commercio urbano, sul servizio di vicinato, sulla qualità della vita, sui valori che vanno tutelati.
"Libera la domenica" rientra pienamente in questo nostro obiettivo. Una legge di iniziativa popolare con cui vogliamo riportare le competenze sulle aperture alle regioni.C'è molta simpatia, molta comprensione e molta condivisione su questa nostra iniziativa, ma non illudiamoci, non pensiamo che i primi successi ci porteranno alla meta.
Il risultato sarà positivo solo se saremo in grado di coinvolgere la maggioranza dei commercianti, se avremo la complicità dei consumatori, se sapremo convincere le istituzioni ed i partiti. E questo lo dobbiamo fare città per città, in ogni regione.
Altrettanta determinazione dobbiamo metterla sul turismo, altro settore cruciale per la nostra economia. La prossima campagna elettorale deve diventare un'opportunità per mettere in evidenza le potenzialità di questo settore.Il nostro è un Paese che potrebbe vivere di turismo, invece ci sono tanti altri concorrenti meno vocati di noi che sono in corsia di sorpasso.
Nell'immediato dobbiamo esercitare un'azione di forte pressione nazionale, per far sì che si metta in campo una politica del turismo degna di questo nome.
Una politica nazionale a fianco delle azioni regionali e locali.Per noi le priorità non sono chi ha le competenze, che a nostro parere andrebbero sommate e non sottratte come è stato fatto. Ripeto, serve una politica nazionale, servono risorse, più risorse, serve un portale dell'Italia turistica, serve una decisa riduzione dell'IVA. Un primo segnale, ma da confermare, è l'intervento che proroga per altri 5 anni le concessioni per i balneari, perché solo così si da stabilità al lavoro ed agli investimenti necessari per sviluppare il nostro turismo. Così come non possiamo e non vogliamo eludere temi forti e vitali come quello dell'energia, nonché dei nostri benzinai a cui va riconosciuto un preciso status di imprenditori e non di prestatori d'opera.
Dobbiamo concentrarci anche sui servizi, un comparto in continua crescita e che avrà un'ulteriore impennata con la ripresa che prima o poi arriverà.
Il prima dipende da quello che il Paese saprà fare, dalle scelte che farà con il prossimo voto popolare, dalla credibilità dei programmi proposti dai partiti, dalla forza che avranno i vincitori delle elezioni.Noi ci saremo, non per sostenere questa o quella forza politica, questa o quella coalizione, ma per affrontare tutti quei nodi che sono emersi da questo incontro e che costituiscono la vera sfida contro la crisi e per aprire una nuova, stabile fase di sviluppo".
Intervento del Direttore Generale Capanna: "Cambiare per continuare ad essere protagonisti. Rete Imprese Italia, una scommessa forte"
"Negli anni passati abbiamo utilizzato questo incontro per fare il punto della situazione, per valutare ciò che non andava o ciò che sarebbe potuto andar meglio. Abbiamo messo a punto strategie e strumenti per migliorare, per crescere, per essere sempre più competitivi rispetto ad uno scenario economico e politico in continua evoluzione. Possiamo scegliere se restare fermi, continuando a contare il numero crescente di imprese che si arrendono, senza riuscire a fermare, se non addirittura invertire, questo drammatico trend. Oppure, possiamo cogliere l'opportunità che questa situazione, nella sua drammaticità, offre e cioè di attuare una profonda innovazione del nostro modo di essere e di fare rappresentanza d'impresa.
La sfida che abbiamo di fronte oggi è ben più drammatica di quelle che abbiamo affrontato in passato e richiede per questo un approccio più drastico, ma anche più efficace, in grado cioè di mettere in condizione la nostra organizzazione non soltanto di sopravvivere a questo passaggio epocale, ma anche e soprattutto di acquisire la forza necessaria per essere protagonista della vita socio-economica italiana.
Esattamente un anno fa, ricorderete, il tema era come evitare di precipitare nel baratro del default del Paese per ritrovare credibilità internazionale, battere la speculazione che si accaniva sui nostri titoli, mettere in sicurezza i conti pubblici. Almeno da questo punto di vista le cose vanno meglio: ci siamo allontanati dal baratro, lo spread è calato, l'Italia ha recuperato un suo spessore internazionale. Ma tutto ciò è avvenuto attraverso scelte e politiche pubbliche susseguitesi rapidamente l'una dopo l'altra, che hanno ulteriormente depresso la nostra economia e, per certi versi, hanno stabilizzato la recessione senza dare segnali chiari di ripresa a breve.
Il peso ulteriormente cresciuto del fisco sugli individui e sulle imprese ha ridotto occupazione, consumi, capacità di investimento. L'accesso al credito, sia per gli individui che per le imprese è sempre più difficile e comunque oneroso.
La domanda interna non dà segnali di ripresa e questo è l'indicatore più significativo per il destino delle imprese a noi associate. I dati sulla natalità e mortalità delle imprese sono contraddittori e vanno interpretati. Ma noi sappiamo che esiste una grande differenza tra la chiusura di una impresa antica, tradizionale, strutturata e l'apertura di un nuovo esercizio commerciale che spesso rappresenta l'ultimo tentativo di sopravvivenza di chi non riesce a trovare altra collocazione sul mercato del lavoro.
I dati sull'occupazione, sui fatturati, sul credito, sugli investimenti, ma più ancora il nostro contatto quotidiano con le imprese, ci dicono con chiarezza che la situazione economica è ancora assai pesante e che sono necessarie misure urgenti del Governo per favorire la ripresa dell'economia, dei consumi, degli investimenti, dell'occupazione.
Le politiche pubbliche che derivano dalla scelta, obbligata, di contenimento della spesa pubblica, l'ormai tristemente famosa spending review, ci consegneranno, nel volgere di pochi mesi, una geografia della pubblica amministrazione profondamente diversa da quella che abbiamo conosciuto per decenni. Dopo anni di dibattiti, più o meno astratti, sul come ridisegnare il nostro assetto istituzionale, ci troviamo di fronte a scelte concrete ed immediate relative all'accorpamento delle province, dei tribunali, di molte articolazioni periferiche dello Stato, delle Camere di Commercio che comportano spesso una nuova allocazione dei poteri e delle competenze. Dopo oltre un secolo, si trasforma quel quadro istituzionale nel quale non solo eravamo abituati a vivere, ma che ha rappresentato per molti aspetti il modello al quale ispirare la nostra geografia associativa. Dovremo riflettere in tempi rapidi, rapidissimi, su quanto ed in che modo la trasformazione della geografia istituzionale inciderà sulle nostre modalità di tutela, rappresentanza, lobby in favore delle nostre imprese associate.
Dovremo capire, valutare, intuire la direzione e gli effetti delle trasformazioni in corso e di quelle che arriveranno in campo economico e politico. L'azione di contenimento della spesa pubblica, necessaria ed indispensabile per il riequilibrio e la stabilizzazione dei conti dello Stato nel medio lungo termine, nell'immediato ha rappresentato un ulteriore fattore di contenimento del reddito disponibile e della capacità di spesa delle famiglie che si è tradotto inevitabilmente nell' ulteriore contenimento di una domanda già stagnante da lunghissimo tempo.
Sul piano politico, dopo un anno e mezzo di "supplenza" del governo tecnico guidato da Mario Monti, registriamo segnali diversi, alcuni certamente non ortodossi e tradizionali, di una emergente volontà di impegno dei cittadini per una politica nuova e rinnovata, capace di dare risposte alle domande di sempre, soprattutto superando usi e costumi che ci hanno costretto a parlare di "casta" con riferimento a chi è chiamato a guidare la cosa pubblica. Questa volontà di innovazione e di maggiore vicinanza ai cittadini si riscontra, in misura maggiore o minore, sia all'interno degli schieramenti tradizionali che, in maniera ancora più eclatante, come dicevo poc'anzi, al suo esterno, nell'affermazione di nuovi soggetti, come hanno dimostrato da un lato le recenti elezioni siciliane e dall'altro l'afflusso alle primarie del centro sinistra. Ma nonostante tutto, si fatica ancora a cogliere quella capacità di sintesi e di guida dei processi di cambiamento che sappia esprimere una leadership forte e duratura e sappia dare peso e respiro al prossimo governo.
Di tante, troppe cose ha bisogno questo Paese, fuorché di un'ulteriore frammentazione del suo sistema politico. In questo contesto così complesso, di fronte ad una situazione di così rapida ed intensa trasformazione, la nostra Confederazione non è rimasta ferma, cercando di reinterpretare il ruolo delle organizzazioni di categoria attraverso il superamento di schemi e divisioni.
Con Rete Imprese Italia, e spesso in accordo con le altre organizzazioni datoriali, siamo stati presenti su tutti i tavoli dell'azione governativa con nostre proposte e con le necessarie resistenze rispetto ad ipotesi che avrebbero ulteriormente aumentato le difficoltà per la vita delle imprese. Pur se ancora giovane, Rete Imprese Italia si è in questi due anni affermata come interlocutore valido, preparato e rappresentativo per il Governo, il Parlamento, i Sindacati e le altre Associazioni dell'imprenditoria, marcando significativamente il proprio ruolo propositivo. Penso ai risultati ottenuti sul decreto Salva Italia, sulla riforma delle pensioni, sulle liberalizzazioni, sull'apprendistato, sul mercato del lavoro, sulla produttività, che in molte occasioni ci hanno permesso di evitare inutili penalizzazioni per la vita delle nostre imprese e di proporre in prima persona soluzioni che hanno ottenuto il consenso delle altre rappresentanze datoriali.
Questi risultati dimostrano che Rete Imprese Italia ha funzionato, ma noi pensiamo che debba e possa ancora crescere, ampliando la sua sfera d'azione verso un'ulteriore e maggiore integrazione delle dimensioni verticali del sistema (credito contrattazione, bilateralità, internazionalizzazione) superando gli individualismi e le gelosie interassociative che ancora resistono e che impediscono un pieno dispiegamento delle sue potenzialità a favore delle imprese che rappresentiamo. Non dimentichiamo che nel Manifesto che ha dato vita a Rete Imprese Italia è scritto esplicitamente che il suo scopo è quello di "....favorire la progressiva integrazione delle associazioni fondatrici...." individuando così un percorso che potrà avere diverse scadenze e diverse conformazioni.
Rete Imprese Italia è stata una scommessa forte, ma necessaria per superare la frammentazione arcaica ed antistorica della rappresentanza delle PMI, per creare un interlocutore forte, unico rispetto al Governo ed alle forze politiche. I primi segnali ed i primi risultati sono stati positivi e incoraggianti. Dobbiamo quindi andare avanti con determinazione per favorire l'ulteriore integrazione della nostra rappresentanza.Il futuro della rappresentanza sta infatti proprio nell'integrazione e questo ci impone di lavorare, di cambiare per essere in grado di proseguire su questa strada, giocando però sempre un ruolo da protagonisti. Mentre il futuro della Confesercenti sta tutto nella nostra capacità di cogliere con la giusta sensibilità e serietà le caratteristiche della trasformazione che stiamo vivendo".
Intervento del Vice Direttore Generale Mauro Bussoni: "Pmi commercio, turismo e servizi sono tessuto vitale nostra economia"
"In questa prolungata fase di crisi economica - ha dichiarato il vice direttore generale di Confesercenti, Mauro Bussoni durante il suo intervento al convegno - uno degli aspetti più preoccupanti è il calo della domanda interna ed il conseguente rallentamento dei consumi delle famiglie che nel 2012 segnano un -2,2%".
Per non parlare della pressione fiscale che nel 2012 è balzata al 44,7%: in un anno gli italiani avranno pagato 35 miliardi in più, con un carico aggiunto di 1.450 a famiglia.
In questo complesso contesto economico l'impresa diffusa, le piccole e medie imprese del commercio, servizi e turismo, sono in difficoltà ma resistono. Commercio e turismo rappresentano il 30% del tessuto imprenditoriale dell'economia complessiva: settori che, con realtà dimensionali e territoriali differenti, complessivamente dal dopoguerra ad oggi hanno avuto la forza di guidare la tenuta economica del territorio e dell'occupazione.
La crisi economica, accentuata dal brusco raffreddamento della spesa delle famiglie, ha colpito in particolare le imprese giovani e quelle di minore dimensione. Fra gli "stranieri" la capacità di fare impresa spesso è stata proprio dei più giovani, spinti dal desiderio di costruirsi un futuro nel nostro paese: nel 2011 il 30% delle imprese guidate da stranieri sono giovanili, quelle italiane sono invece il solo il 10%. L e nostre imprese presentano, inoltre, storicamente quote importanti di impiego femminile: questi due settori assorbono quasi il 40% dell'imprenditoria femminile complessiva grazie a tassi di femminilizzazione che vanno dal 27% del commercio al 33% del turismo.La crisi si è fatta sentire di più nel commercio, dove il numero di occupati è diminuito di quasi sette punti percentuali e solo in parte controbilanciata dalla crescita del settore delle attività ricettive e di ristorazione. Gli stessi studi di settore confermano che negli ultimi tre anni le imprese dei nostri comparti hanno risentito fortemente della crisi.
Commercio, turismo e servizi sono settori fondamentali per la nostra economia - ha ribadito Bussoni - producono il 40% del pil nazionale, garantiscono occupazione ad oltre sei milioni persone.
E più di 3 milioni di imprenditori e collaboratori fungono da volano di questo insostituibile motore.
La crisi, infatti, non ha eliminato né spento la voglia degli imprenditori italiani di mettersi ancora in gioco: a conferma di questo vitale tessuto economico parlano ancora i dati: 1.550.000 imprese, ad oggi, operano nel settore del commercio, 400.000 nel turismo e 1.420.000 nei servizi, 180.000 sono le nuove imprese ogni anno.
Alla politica e a chi dirigerà il prossimo governo spetterà il compito fondamentale di valorizzare quel patrimonio sociale e produttivo delle PMI che vogliono non solo resistere alla crisi ma anche riprendere a crescere, in termini di competenza e di capacità produttiva.
Confesercenti ha lanciato lo scorso giugno - ha ricordato Bussoni - l'iniziativa e relativa campagna di informazione "Parla impresa", il primo servizio "social" web di aiuto per gli imprenditori in crisi".
A fine novembre il servizio ha già raccolto dalla rete ben 908 segnalazioni di imprenditori che hanno condiviso esperienze o espresso dubbi sui problemi più urgenti: accesso al credito, Fisco, difficoltà burocratiche e liberalizzazioni.
Il credito - ha sottolineato ancora Bussoni - è al centro dei bisogni delle imprese e centrale è il ruolo dei Confidi.
Prima della crisi, come noto, la funzione dei Confidi è stata soprattutto quella di favorire l'applicazione di tassi di interesse più bassi. Con la crisi, invece, l'intervento dei Confidi ha assunto più rilievo ai fini della stessa concessione del finanziamento, altrimenti negato. Le garanzie rilasciate dai Confidi, durante la prima fase della crisi, hanno infatti registrato aumenti a due cifre e tale crescita è tanto più significativa se raffrontata alla corrispondente dinamica dei finanziamenti bancari, addirittura negativa fra il giugno 2009 ed il 2010.
Oltre a credito e fisco - ha evidenziato con forza Bussoni in conclusione del suo intervento - c'è, infine, un altro grande problema da affrontare per le imprese: quello del mercato, delle regole e della concorrenza.
Con la liberalizzazione delle aperture domenicali e dei saldi per gli esercizi commerciali, si mette a grave rischio la sopravvivenza dei negozi al dettaglio che rischiano di scomparire a solo vantaggio della grande distribuzione organizzata che possiede, invece, risorse umane e finanziare per sostenere l'aggravio dei costi legato alle aumentata aperture.
Con le aperture non stop non si migliora l'efficienza, non si qualifica il servizio, non si tutela la concorrenza e non aumentano i consumi.
Nei prossimi 5 anni rischiano di sparire 80.000 negozi dai nostri centri storici e dai nostri quartieri: dati che fanno temere la progressiva desertificazione dei nostri centri urbani, in cui si sta assistendo alla progressiva scomparsa dei servizi commerciali di vicinato e le città diventano più vuote e meno sicure.
L'incremento delle grandi superfici di vendita non può rappresentare l'unica strada in grado di aumentare l'efficienza del settore: bisogna invece valorizzare e riqualificare i centri cittadini, poiché rappresentano il più antico e grande esempio di "centro commerciale naturale". Così come bisogna favorire le aggregazioni imprenditoriali, consentendo alle piccole e diverse imprese che operano in ambiti territoriali omogenei di offrire quei servizi e quelle opportunità che caratterizzano la moderna offerta commerciale. Dunque più formazione e attività di affiancamento e tutoraggio, insieme a maggiore innovazione tecnologica, sono la strada da percorrere per guidare il futuro delle nostre imprese".
"Il nostro ruolo, ha detto infine Bussoni, sarà dunque quello di continuare a dare rappresentanza agli interessi di questo vitale tessuto imprenditoriale, offrendo risposte concrete ai reali bisogni delle aziende per non far disperdere questa grande energia che è la voglia di fare impresa nel nostro Paese".