Confesercenti insiste: ecco i "tagli" alternativi agli eccessi fiscali

Dalle auto blu ai troppi livelli istituzionali, Confesercenti rilancia i tagli alla spesa pubblica, possibili subito, con i quali si potrebbero risparmiare più di 12 miliardi di euro l'anno e creare un'alternativa agli eccessi di aumento della pressione fiscale su famiglie e imprese. Anche perché ci avviamo a una pressione fiscale da record: il 45% già dal 2012, il 46% dal 2013. Il divario rispetto alla media UE aumenterà fino a 6 punti e l'Italia insidierà da vicino quei paesi nordici (Svezia, Danimarca) il cui primato si spiega con elevati livelli (qualitativi e quantitativi) di servizi pubblici.

Ecco le proposte di Confesercenti per tagli di spesa immediati dal valore di 12,4 miliardi, così ripartiti:

Amministrazione centrale. Valore del taglio: 2,2 miliardi

- 1 miliardo circa di risparmio potrebbe essere ottenuto portando subito il trattamento dei membri del Parlamento e del Governo al livello degli altri Paesi europei. Una procedura già avviata, ma rimandata alla prossima legislatura.

- 1,2 miliardi riducendo il numero dei membri del Cda, degli incarichi e delle consulenze degli Enti e delle Società Pubbliche.

Province e consulenze. Valore del taglio: 8,5 miliardi (15,5 miliardi con l'abolizione totale delle Province)

- 7 miliardi ridistribuendo tra Comuni e Regioni le competenze delle Province ed eliminandone il livello politico-rappresentativo. Altri 7 miliardi (per un totale di 14), abolendo completamente le Province e assorbendo gradualmente, in un periodo di 3-4 anni, i dipendenti provinciali nell'amministrazione pubblica.

- 1,5 miliardi riducendo del 50% le spese per consulenze, incarichi, collaborazioni e spese per comitati e varie commissioni, che nel 2009 hanno portato all'esborso di 3 miliardi di euro

Auto blu. Valore del taglio: 2,3 miliardi

- 500 milioni dimezzando le auto "blu" e "grigie", le 73.000 vetture a disposizione degli uffici per attività operative.

- 300 milioni riducendo il numero delle auto blu assegnate all'amministrazione centrale (in tutto 13.000 autovetture)

- 1 miliardotagliando del 50% il costo complessivo di tutto il personale addetto al parco autovetture

- 500 milioni portando alla metà le autovetture dedicate ai servizi speciali e di vigilianza urbani in cui sono impegnate altre 12.000 unità.

  

Assofioristi contro la liberalizzazione degli orari dei negozi

Nella conferenza di stampa indetta per la giornata del 19 dicembre, Confesercenti ha sottolineato le conseguenze negative del provvedimento di liberalizzazione del commercio predisposto dal governo. All'evento hanno partecipato il Presidente di Confesercenti Marco Venturi, il direttore generale Giuseppe Capanna e il vice-direttore Mauro Bussoni. Quella contenuta nel decreto del governo Monti è una misura che determinerà aggravi e chiusure, favorirà esclusivamente la grande distribuzione, e non avrà alcun effetto sui consumi. Che resteranno comunque al palo, visto che non è certo un orario di apertura 24 ore su 24 la soluzione alla recessione ed all'aggravio fiscale sulle famiglie sempre più insopportabile. Il presidente Marco Venturi: "Siamo convinti sia solo un favore fatto alla grande distribuzione. E' un'idea folle anche sul piano strettamente sociale oltre che su quello economico".

A rischio 76mila negozi

In particolare, secondo le stime Confesercenti, l'effetto combinato della deregulation con la crisi, mette a rischio 76mila negozi, che entro il 2015 potrebbero chiudere con una perdita di più di 190mila posti di lavoro. "Liberalizzare", sottolinea Venturi, "non risolve d'incanto il problema del lavoro e dei consumi. Al contrario con gli aumenti dell'Iva, la sfiducia dei consumatori e le chiusure di piccoli negozi aumenteranno pesantemente". Lasciare aperti i negozi anche la domenica non aumenta i consumi, ma costituisce "un danno per il servizio di vicinato e un regalo alla grande distribuzione".

La lettera ai Presidenti di Regione: porre la costituzionalità

Contro la liberalizzazione degli orari, la Confesercenti "invierà a tutti i Presidenti delle Regioni - spiega il vice-direttore generale Mauro Bussoni - una lettera con la quale si chiede di opporsi al provvedimento perché palesemente non costituzionale. Non c'è nessuna ragione - chiarisce Bussoni - per cui si tolgano competenze alle Regioni in materia di orari e di distribuzione commerciale, per avocarle direttamente al governo in regione della tutela della concorrenza. Ci auguriamo che i presidente delle regioni chiedano la non applicazione del provvedimento perché palesemente non costituzionale. Tutti sanno che con le aperture domenicali si trasferiscono quote di mercato dalla piccola alla grande distribuzione, con un depauperamento delle risorse dei piccoli esercizi, senza recuperare in termini di efficienza e di maggiore occupazione. E' un settore che è stato costantemente liberalizzato e non en può più", ha ricordato Bussoni. "Di fatto ci troviamo in un regime, dal punto di vista di avvio delle attività commerciali, praticamente libero, dal punto di vista degli orari è il settore che offre il nastro orario giornaliero di servizio più elevato a tutti i cittadini".

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